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La Casa della Cultura, immersa nella riserva integrale biogenetica di Vallombrosa, accoglie già da diciannove anni attività formative e di ricerca e già da undici anni la Lunga estate di Vallombrosa – incontri e dibattiti aperti al pubblico – e negli ultimi cinque anni importanti convegni internazionali e Festival dei Seminari dell’umanesimo socialista. Inoltre vi si svolge la Scuola internazionale (ambito formativo  centrale della nostra corrente). Questo luogo è gestito da un gruppo di residenti che lo dirigono e cercano di interpretare una possibilità di vita in comune, fuori dai canoni della normalità decadente, ispirandosi all’umanesimo socialista. Frutto di una straordinaria campagna di autofinanziamento, la Casa – acquisita nella primavera del 2000 – non casualmente si colloca in un ambito naturale come quello della foresta integrale. La ricerca di un rapporto più benefico con la natura prima che ci contiene, ci ha aiutato nell’accogliere le tante persone che in gradi diversi hanno scelto questo luogo come il proprio, in un contesto in cui dialogare della ricerca del bene e della felicità delle persone non è separato dal conoscere e soffrire e combattere contro le tante tragedie che assediano i nostri simili in ogni dove. Farlo mentre si passeggia per i vialetti ombreggiati di Casa al dono nelle calde giornate estive o davanti al camino scoppiettante nei freddi pomeriggi  invernali, fuori dall’ossessività frenetica delle metropoli decadenti, cercando l’armonia con la ricerca più profonda del proprio essere e delle proprie vocazioni: ne sono spesso scaturite scelte di impegno e di vita importanti. 


“Questo è il racconto di un luogo, Casa al dono, e di un’opera collettiva, delle persone che lo hanno trasformato negli ultimi dieci anni in un centro di sperimentazione comunitaria e della scoperta della sua storia lunga secoli.”

Simona Cavalca e Beniamino Vitale

CASA AL DONO. La sede del Centro Studi Utopia, Prospettiva Edizioni


la corte

Un primo documento che testimonia l’esistenza di Casa al dono risale al 1649.
Nei secoli successivi, la cascina originaria fu rimaneggiata ed ampliata da alcune famiglie nobili fiorentine, dai marchesi Peruzzi ai principi Corsini, che ne costruirono i grandi saloni centrali e ne fecero la propria dimora estiva. È nell’ultimo decennio dell’ottocento che Bernard Berenson, critico d’arte appassionato del rinascimento fiorentino, comincia a frequentare Vallombrosa, innamorandosi degli splendidi paesaggi naturalistici, meta di piacevolissime passeggiate estive. Dove aver trascorso numerose estati in varie abitazioni della zona tra Consuma e Vallombrosa, nel 1938 Berenson visitò Casa al dono e da allora ne fece la sua residenza estiva e luogo di incontro e ospitalità di svariati artisti, tra cui Alberto Moravia, Ray Bradbury, Ernest Hemingway.
Grazie alla generosità di Berenson e della sua segretaria Nicky Mariano, nel periodo bellico, la casa fu luogo di accoglienza e rifugio per tanti perseguitati dal nazi-fascismo, tra cui Giovanni e Flavia Colacicchi e poi di tanti altri; partigiani, renitenti alla leva, artisti quali Onofrio Martinelli e Adriana Pincherle, famosi pittori fiorentini. Nel dopoguerra questi ultimi fondarono una corrente artistica denominata Nuovo umanesimo, per noi testimonianza di un genius loci che vive da lungo tempo in questo luogo.
Nel periodo bellico, la Casa fu luogo di accoglienza e rifugio per tanti perseguitati dal nazi-fascismo, tra cui Giovanni e Flavia Colacicchi e poi di tanti altri; partigiani, renitenti alla leva, artisti […] Giovanni Colacicchi (1900-1992), Paesaggio
artiste e artisti a Vallombrosa La storia racconta di un giovane poeta inglese che nel 1638 intraprende un viaggio per il continente raggiungendo l’Italia. Il suo nome era John Milton, e di lì a poco riuscirà a conoscere Galileo Galilei, già
anziano e cieco, che gli offrirà l’occasione di scoprire la foresta di Vallombrosa. È possibile che il luogo non gli fosse del tutto nuovo: amante della letteratura italiana, conoscitore dell’Orlando furioso, forse ricordava il passo in cui Ariosto parla di Vallombrosa e della sua “badia ricca e bella, né men religiosa, e cortese a chiunque vi venìa”. Non sappiamo quanto tempo rimarrà ospite dei frati nel vecchio “romitorio” sopra l’abbazia, chiamato poi Paradisino, che godeva di una vista sublime della montagna e della sua foresta, ma siamo sicuri che l’ispirazione del paesaggio sul poeta fu così intensa che quasi trent’anni dopo lo evocherà nel suo capolavoro, Il paradiso perduto. La sua raffigurazione sarà così potente da ispirare generazioni successive di viandanti che a partire del Settecento cominceranno una sorta di pellegrinaggi nella zona, alla ricerca delle atmosfere miltoniane. Numerosi artisti, in particolare di lingua inglese, visiteranno il luogo e lasceranno traccia nelle loro opere e diari di viaggio. Tra di essi, il poeta romantico William Wordsworth, la scrittrice Mary Shelley, i poeti Robert ed Elizabeth Barret Browning e lo scrittore americano Henry James.