Guerra in Nagorno-Karabakh
Incombe il genocidio degli armeni

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Occupandomi da anni delle declinazioni nella vicenda umana del genocidio, sono particolarmente sensibile all’uso e soprattutto all’abuso che di esso si fa da parte della stampa borghese e della politica. Il genocidio ebraico e il genocidio armeno, le ferite di Srebrenica e quelle del popolo yazida hanno segnato in modo profondo la vicenda umana e la memoria delle vittime perché questo termine si possa usare fuori contesto e in modo semplicistico o propagandistico.

Assume contorni drammatici la guerra in Nagorno-Karabakh, iniziata nel settembre scorso. Oggi i mercenari in arrivo dalla Siria ed in sostegno del governo azero, riforniti delle armi del sultano Erdogan e di Israele, stanno preparando un inferno.

Mi sento di dire che incombe il pericolo di un nuovo genocidio del popolo armeno. Almeno così lo sta vivendo in queste settimane la popolazione in Karabakh.

Come la storia insegna sono troppi gli indizi che preparano l’irreparabile. Primo fra tutti le complicità delle cancellerie dei governi democratici e “umanitari” europei con la Turchia.

La capitale Stepanakert, è una nuova Sarajevo. È stretta d’assedio e colpita, ora dopo ora, da potenze soverchianti e spietate, guidate dalla ferocia criminale dei miliziani di Assad e dall’esercito azero, sostenuti dai “consiglieri” turchi e di Israele e forti del silenzio internazionale dei governi e dell’informazione.

Oltre la metà della popolazione armena del Karabakh è in fuga. Chi resta sopravvive (ma per quanto, ancora?) rinchiusa in rifugi antiaerei, notte e giorno, terrorizzata ed esausta. La gran parte di loro sono donne e uomini anziani.

Centinaia o migliaia sono i morti, tanti i dispersi e i caduti ancora da conteggiare, come ammettono sia il governo armeno e quello azero, rilanciandosi le responsabilità per questa ennesima efferata guerra.

Una pulizia etnica è in atto e dietro l’angolo si profila il rischio di un genocidio. Per attuarlo non mancano le manovalanze criminali e abbondano l’ipocrisia e il silenzio.