Ischia
Chi può salvarci dalle frane della politica?

Print Friendly, PDF & Email

Un moto di identificazione umana spinge a sentirsi vicini alle vittime e alle loro famiglie che in questi giorni stanno vivendo il dramma dei crolli delle loro case travolte dalle alluvioni e dalle frane a Casamicciola nell’isola di Ischia, territorio già martoriato negli scorsi anni da terremoti e frane. Ma la cronaca delle polemiche intorno al rimpallo delle responsabilità (per costruzioni più o meno abusive o ex abusive graziate dai condoni edilizi) spinge invece all’estraniazione, ad allontanarsi sentimentalmente da chi sta vivendo sulla propria pelle le conseguenze degli abusi della politica, dei palazzinari e delle complicità popolari nel violare e saccheggiare il territorio. La verità è che i crolli, le ondate di fango e le frane di Ischia andrebbero vissute come crolli, ondate di fango e frane dell’intero territorio italiano, che toccano e riguardano tutti. Basti pensare che nel periodo compreso tra 1970 e il 2019 gli eventi franosi e le inondazione hanno causato 1.673 morti, 60 dispersi, 1.923 feriti e 320.028 evacuati e senzatetto (dati CNR-IRPI, 2020). L’ISPRA  nel suo rapporto 2021 ci dice che 7.423 comuni (93,9% del totale) è a rischio per frane, alluvioni o erosione costiera; su 1,3 milioni di abitanti incombe il rischio frane e su 6,8 milioni il rischio alluvioni; 548.000 abitazioni sarebbero esposte a frane e oltre 2,9 milioni alle alluvioni con il 10,7% degli edifici totali ubicati in aree inondabili.

Abitiamo un paese fragile, reso pericoloso dalla politica e dai palazzinari che hanno usato il territorio come area di caccia, di affari e di voti. I mass-media si concentrano continuamente sull’abusivismo come causa principale del rischio idrogeologico a cui siamo esposti: o mentono sapendo di mentire o semplicemente non si peritano di sapere. Chi ha cementificato i fiumi e perfino i laghi e le paludi? Chi ha messo a costruzione nei piani urbanistici le aree franose o gli argini o le anse di espansione dei corsi d’acqua come a Giampilieri (in provincia di Messina)? Chi ha cementificato le coste a beneficio di un turismo di consumo? Chi ha autorizzato la costruzione di villaggi residenziali e seconde case sui pendii della Val Brembana, della Val d’Ossola, ecc? Il 9,4% dei comuni ha dichiarato di aver “tombato” tratti di corsi d’acqua sul proprio territorio, con una conseguente urbanizzazione delle aree sovrastanti. Questi scempi sono stati compiuti o direttamente dalle istituzioni o con tanto di permessi di costruzione regolarmente rilasciati dalle amministrazioni locali in tutt’Italia.

Quindi, ci sono anche gli “abusivi cattivi” ma ci sono soprattutto gli abusi legali previsti dalle norme. Le imprese mafiose hanno sempre costruito con tutti i permessi a posto grazie al loro controllo delle giunte municipali. La verità è che in tutto il Paese, dal secondo dopoguerra, con i Piani Regolatori comunali politici e imprenditori, che spesso coincidono, hanno costruito e costruiscono le loro fortune elettorali e finanziarie. Quale credibilità hanno perciò leggi e istituzioni per credere che possano garantire l’incolumità delle persone e la cura dei territori? Non a caso, chi interviene per prima nel soccorrere le vittime dei disastri è la gente comune, come sta avvenendo anche adesso a Ischia. Laddove comitati di residenti si mobilitano in difesa dell’ambiente si trovano sempre a dover fare i conti con l’avversione delle istituzioni e di gran parte degli organi di informazione che li accusano di egoismo e di miopia verso il “necessario progresso”.

Nei giorni scorsi Renzo Piano su la Repubblica ha suggerito di abbandonare la logica delle grandi opere e sostenendo la necessità di promuovere azioni di “rammendo territoriale” attraverso circoscritti interventi di forestazione delle pendici e di manutenzione del territorio ad opera di chi vi abita. Peccato che l’illustre architetto senatore a vita si rivolga al governo per mettere a punto uno dei soliti piani anziché direttamente alle persone comuni che, quando si organizzano, hanno già dato prova di essere in grado di soccorrere, salvare vite umane e ambienti di vita (come lui stesso ricorda). Tutto ciò è specialmente necessario in questa fase storica in cui tutti siamo chiamati a fronteggiare gli effetti cumulati dei disastri antropici e del riscaldamento climatico.