Qualche buona misura di cura…

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…per vivere meglio senza aspettare ma ritrovandosi, non solo con gli altri, ma con se stessi.

Curarsi, per godersi la riapertura ma continuando a proteggerci a vicenda, vaccinandosi contro il covid e l’influenza ma anche contro l’imbecillità no vax. Visto che ci siamo: facciamo attività fisica quotidiana, aggiustiamo la dieta al miglior funzionamento del nostro metabolismo, evitiamo le sostanze tossiche, certe minacce sociali e gli individui molesti che purtroppo si aggirano.

Curiamo la mente: già, ma come si fa? Innanzitutto conoscendosi meglio, che poi vuol dire conoscere e farsi conoscere dalle altre e dagli altri. Dirsi nel modo giusto ma soprattutto ascoltare, ascoltare ed ancora ascoltare. Quindi ascoltarsi: imparare a conoscere le meraviglie nascoste del proprio pensiero. Sentire quella fantastica tensione che ci sospinge verso il bene della vita. Accorgersi che la memoria gioca brutti scherzi ma ci permette di svelare a noi stessi e agli altri ottime lezioni. Scoprire che il sentimento non è solo un tric-trac di emozioni ma un formidabile arcobaleno fecondo, durevole e molteplice. Avvertire certe intenzioni prima insospettabili come la capacità che ciascuno ha di comporre ed offrire una visione d’assieme dell’esistenza: così unica eppure così profondamente calata nella storia dei nostri simili. Casomai scriverla, raccontarla, condividerla, conviverla. Intanto, e per nutrire la mente, curiamo la lettura: classici e non, saggistica, poesia, romanzi, novelle, racconti, trattati e trattatelli; importante è che sia buona, ci piaccia e ci serva. Immergersi nella propria coscienza ed emergerne forse confusi ma anche migliori e capire che è un casino perché non riusciamo a donarla come vorremmo alle persone care, compagne/i di vita e di impegno, ma davvero lo vogliamo tanto; e allora bisogna trovare un modo, che so, un equivalente generale, un alfabeto, un linguaggio, un sistema, ah, forse un approccio culturale comune, nuovo, nostro. Potrebbe funzionare che ne dite?

Curiamo le nostre soggettività, il nostro profilo fisico e mentale, non quello virtuale. Curiamo la nostra natura umana, di genere femminile o maschile: riconoscendoci come tali senza tare razziste possiamo scegliere liberamente chi essere e come essere nel rispetto degli altri e reclamando rispetto. Curando la nostra natura facciamo un primo passo indispensabile per curare la natura tutta del pianeta che abitiamo con altre specie, su Marte ci mandiamo i miliardari, tutti e subito, se possibile. Curiamoci degli/per gli altri: sono loro a darci il senso del nostro io, come noi del loro, non le ricette di qualche strizzacervelli o lo sciocchezzaio multimediale. Curiamo i nostri rapporti e le nostre relazioni, viviamole e coltiviamole con sincerità e lealtà, non le diamo per scontate, arricchiamole e precisiamole giorno per giorno svincolandoci dalle gogne borghesi e patriarcali (o quantomeno rendendoci conto che, ahinoi, esistono). Curiamo la nostra socialità… uhm? Però è difficile: tra l’alienazione del gigantismo metropolitano e il cinismo paesano. Allora proviamo a reinventarcela in primo luogo diffondendo e costruendo solidarietà organica e poi sperimentando l’associarsi, qualche tipo di libera comunanza vissuta direttamente che appartiene a tutte/i perché avvalora ciascuna/o.

Curiamoci dall’insopportabile fiera delle vanità che si chiama G20 e da tutte le chiacchiere che ci rovesciano addosso via etere confondendoci le idee, fidiamoci di più del nostro intuito e della nostra ragione per attenerci all’essenziale. Guardiamoci dalle ondate di odio che montano nella società cercando e curando le persone di buona volontà come noi: assieme possiamo fare qualcosa ma soprattutto essere migliori sin da subito, pensare più profondamente, agire più utilmente.

E la politica? Non c’è bisogno di dirvelo: curiamoci anche da quella, è sempre più infetta ma sempre meno contagiosa.

Insomma, una buona misura di cura: impegnarsi per vivere meglio, vivere meglio impegnandosi!

1° novembre 2021 La Comune