Racconto di un giorno di protesta contro la DAD a Torino

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Arancione, arancione rinforzato, rosso… colori che dipingono il quadro pandemico della penisola italiana e in base ai quali la DAD rientra nelle vite della maggior parte degli studenti con tutto il peso della distanza, dell’isolamento e della deleteria istruzione via schermo. Allo stesso tempo qualche protesta contro la DAD si alza, come già era successo davanti a tante scuole negli ultimi mesi del 2020. Proprio in quel periodo, sollecitati dalla curiosità di conoscere le ragioni di fondo che hanno spinto alcuni giovani studenti a sfidare le restrizioni ed incontrarsi in piazza per seguire insieme le lezioni, avevamo deciso di intervistarli. Ci aveva colpito la loro perseveranza e convinzione, la non acquiescenza alle norme, ma volevamo anche scoprire quali sono gli aspetti della loro vita che la DAD gli ha sottratto e che loro cercano invece di riaffermare. Ci interessava capire il significato che loro attribuivano all’esperienza in piazza, conoscere gli aspetti più umani, al di là delle contingenze, ai quali danno valore e che sono alla base del loro volersi incontrare ed unire. Abbiamo quindi provato a chiederglielo, e questo incontro si è rivelato anche una bella occasione per riflettere insieme sul desiderio di una scuola diversa, migliore. Ecco dunque un racconto di questo scambio durante l’ultimo giorno di protesta contro la DAD a Torino prima della momentanea riapertura delle scuole avvenuta poi a gennaio.

Sono le 8.30 di un freddo giovedì mattina di dicembre in una cittadina della provincia di Torino. Un gruppo di amici Alex, Edoardo, Alessandro e Zeno, compagni di scuola del Liceo artistico Primo, sfidando temperature e lockdown si preparano a prendere l’autobus, direzione piazza Castello, nel cuore di Torino. Da alcune settimane questo luogo è diventato il punto di riferimento di un esiguo ma convinto gruppo di studenti delle scuole superiori, che ha deciso di opporsi alla DAD, una forma di pseudo-didattica in cui la scuola sembra ridursi ad un’app da scaricare, dove gli studenti sono i nuovi user e gli insegnanti i nuovi blogger.

Sono davanti al palazzo della regione, seduti per terra, sugli zaini, tutti rigorosamente distanziati e con le teste abbassate, occhi al portatile o al cellulare, cuffie alle orecchie e mascherina. Un tentativo di rimanere vicini ed uno smacco alla volontà di chi li voleva distanti. Hanno dovuto scontrarsi non solo con la disillusione e la rassegnazione di insegnanti e genitori ma anche con quella di molti loro compagni che «vivono in città, a pochi minuti da scuola e potrebbero permettersi di venire in qualsiasi momento, ma non lo fanno. Trovano molto più comodo collegarsi e poi abbandonare la lezione quando vogliono». A parlare è Edoardo, che continua: «c’è più soddisfazione a studiare e lavorare sui propri disegni dal vivo!». I ragazzi tracciano un’immagine amara della scuola in questa fase. Tetti pericolanti, aule fredde, classi numerose, trasporti insufficienti, poco dialogo con i professori, poca unione tra gli studenti, tutto ciò inserito nei tempi precari di una pandemia. «Siamo stati fin troppo obbedienti» aggiunge Alex, «nessun altro ha il coraggio di venire qua. Noi ci siamo per una speranza. La scuola dovrebbe insegnarci a vivere, dovrebbe darci la possibilità di coltivare le nostre passioni. Ci manca il contatto umano, ci manca stare insieme, perché non c’è dialogo dietro lo schermo.»

Amicizia, incontro diretto, essere insieme avvalorando le differenze: qualcosa, oltre all’emergenza, unisce questi ragazzi. Il vissuto degli ultimi tempi contribuirà ad accendere il bagliore di una rinnovata idea di scuola? Dipenderà da come le persone lo interpreteranno: se questi ed altri giovani sceglieranno di approfondire le motivazioni che li hanno spinti a ritrovarsi in piazza, potranno conquistare e dare vita ad una scuola del dialogo e dell’ascolto, non della passività digitale, che insegni a riflettere e a scegliere invece che ad obbedire, volta al protagonismo e non all’indifferenza, capace di promuovere le migliori qualità e valori umani. Noi, intanto, scegliamo di esserci per sostenerli e contribuire a questa ricerca.

a cura di Dimitri, Giada, Gerardo e Damiano