Democrazia
Finale di stagione

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Capitol Hill, l’ultima puntata di questa stagione della serie “democrazia”, cinque persone la guardano.
Grace è a New York, trentenne laureata, sposata, lavora all’università. Inquieta, da mesi non esce a causa della pandemia, osserva le ultime scene. Adesso pensa: con Joe e Kamala andrà meglio. Andrà meglio? Non ne è così sicura pensando a quei bambini neri ed ispanici che vivono solo qualche isolato più in là, dove non è infrequente sentire colpi di pistola. La serie riprenderà certamente, ma come andrà a finire? Cerca consolazione in un libro, le capita tra le mani American psycho, l’inquietudine cresce, forse bisogna tornare alle radici così aspre e velenose del grande ed oggi maledetto Paese.
Isabelle vive in rue Saint-Jacques, ha passato i cinquanta, è infermiera, impegnata da sempre. Dopo il divorzio si è sentita più libera ma scalpita come al solito. Al lavoro non è facile: sfida la paura del contagio e cerca empatia con i pazienti ma non tutti i colleghi sono dei “santi” come si dice, anzi qualcuno è cinico, strafottente, freddo e lei non lo sopporta. L’ultima puntata l’ha lasciata a tutta prima indifferente, tutto sommato dice a se stessa: qui in Francia è diverso. Uhm, però questi appetiti di grandeur da parte di Macron e l’ombra della Le Pen non promettono nulla di buono. È anche arrabbiata per questo pseudo femminismo che si dimentica del genere femminile. Ogni tanto rammenta i bei tempi quando i trotskisti le davano speranza, avrebbe voglia di scendere in piazza ma l’idea di ritrovarsi in mezzo ai gilet jaune la deprime. Bisogna ripartire dalla cura ma anche andare oltre, pensare di più a questa umanità dolente e alla sua possibile redenzione. Honoré il suo micio adorato approva ronfando.
Amina è fuggita dalla Siria, girovaga grazie al suo dottorato, da mesi non ha notizie del suo compagno: rimane fiduciosa ma è molto preoccupata. Dopo l’ultima puntata ha sorriso amaramente ripensando a come le democrazie hanno contribuito, complici e silenziose, a strangolare la rivoluzione della gente comune nel suo Paese; ora tutti sembrano averlo dimenticato e il loro ordine regna sovrano. Eppure quella rivoluzione si basava sulla prossimità, sull’amicizia, sul ritrovarsi umani: non è bastato. Ora sembra rimanga solo la vita personale, che è privata davvero, e l’attività solidale con gli altri immigrati. Continua a meditare inquieta ed intensa, ma esagerare con il cognac e l’hashish non aiuta. Smette di smanettare e sfoglia gli ultimi libri di Damasio e Tomasello alla ricerca dell’unicità umana nascosta, ogni tanto le tornano alla memoria compagne e compagni perduti, dispersi, esiliati. Hugo è un argentino allegrone e giramondo, laureando cronico in filosofia, sciupafemmine gentile e romantico ma quella ragazza che lavora con lui al negozio lo ha messo in crisi. Sembra tipicamente british e forse per questo è così determinata: tosta, si sono innamorati ed hanno deciso di vivere assieme nei sobborghi di Londra. Hanno visto la serie assieme, lei gli ha spiegato che la democrazia nelle isole è una cosa seria. Hanno letto ancora assieme un libro – Splendore e viltà si intitola – dove si narra e si documenta quel drammatico 1940 e la resistenza inglese ad Adolf, quello vero (Hitler non Trump), sotto la guida dell’irascibile, coraggioso e grintoso reazionario sir Winston. Prudence, così si chiama la sua amata, gli ha anche fatto notare quante donne straordinarie ma sconosciute hanno fatto quella storia. Poi l’ha guardato con aria triste, entrambi hanno pensato alla Brexit, che rischia di allontanarli e di fargli rinunciare al bimbo che volevano adottare, forse quell’ultima puntata ha già un pessimo sequel: la democrazia con le frontiere chiuse, questa storia non fa per loro.
Vera vive in Italia ma ha origini africane, lavora sodo anche se part-time per aiutare la mamma ed il fratellino e si sta finalmente appassionando al suo studio per prepararsi alla sua scuola, sta anche facendo attività fisica con il suo fido amico quadrupede. Si è interessata alla serie fino ad un certo punto, lei preferisce sempre pensare positivo. Però poi ha rivisto Salvini, quel clone di Trump, a processo per le malefatte contro gli immigrati ed ha ripensato a quanto le aveva detto la sua caposquadra de La Comune. È vero! Bisogna pensarci e seriamente a Capitol Hill: ci riguarda tutte e tutti in qualche modo. Cerca affannosamente nella borsa, dove è andato a finire il giornale? Chiama la sua compagna: “Tesoro sono io, mi porti cinque copie del giornale, per favore?”. “Che è successo? A che ti servono?”. “Voglio distribuirle a quei due vicini con cui ho cominciato a parlare e alle mie amiche storiche, voglio proporgli di leggerlo tutti assieme per pensare a come reagire ora, a come fondare un’alternativa seria, benefica, praticabile a questo inquietante finale di stagione democratica, cominciando da noi”.


10 gennaio 2021

Dario Renzi