Gino Strada, un pacifista democratico

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La prematura scomparsa di Gino Strada coincide con le notizie drammatiche che giungono dall’Afghanistan. Caduta Herat, l’avanzata dei talebani spinge alla fuga disperata decine di migliaia di persone, soprattutto donne e bambine, che temono, a ragione, le violenze su di loro. Il dramma in corso in Afghanistan, dove si sono succedute per oltre 20 anni coalizioni belliche internazionali, ci porta a ripensare alla figura di questo medico in prima linea e a riflettere sull’ossimoro e l’ipocrisia della “guerra umanitaria”, anche da lui denunciata. Con il fondatore di Emergency condividiamo le riflessioni e la denuncia delle logiche belliche, dei signori della guerra e delle responsabilità degli Stati, compreso quello italiano e i governi di destra e di sinistra che si sono succeduti in questi ultimi decenni. La sua morte mette ancora una volta in luce le ipocrisie della politica e dei rappresentanti delle istituzioni che oggi ne piangono la scomparsa ma per i quali è sempre stata una personalità a suo modo scomoda, così come i veleni di coloro che da destra lo hanno osteggiato e insultato fino a definirlo fiancheggiatore dei “terroristi”. In molte manifestazioni ci siamo ritrovati con tante e tanti impegnati e simpatizzanti di Emergency, sin dall’insorgenza pacifista internazionale dopo il 2001 ed anche nello schieramento contro il razzismo e per l’accoglienza o contro l’Isis neonazista. Tante brave persone, volenterose e sensibili, dalla parte dei più deboli e dell’umanità dolente in questi giorni avranno ricordato le testimonianze di Gino Strada soprattutto sul dramma in Afghanistan. Curare le ferite dell’umanità è indispensabile e tante persone solidali lo fanno con coraggio anche seguendone l’esempio.
Ci distinguevano da lui alcune differenze, sempre espresse con lealtà e rispetto, e più volte ne abbiamo sottolineato le contraddizioni, prima fra tutte il suo statalismo.
Infatti ribadiva la fiducia nella democrazia, le cui radici affondano nel bellicismo e nell’uccidibilità connaturata a tutti gli Stati, e indicava nella globalizzazione economica la causa di tutte le guerre contemporanee, mentre non riconosceva che siamo di fronte ad un sistema oramai in frantumi che trascina in conflitti inconcludenti una parte sempre più vasta di umanità, soprattutto quella femminile. L’inesausta ricerca di curare le ferite di una parte dell’umanità rischia di vanificarsi nella fiducia di un ipotetico ravvedimento delle democrazie o in spiegazioni socioeconomiche che sono contraddette dalla stessa realtà umana, proprio là dove Emergency opera da tempo. Cercare soluzioni alla guerra e alle tragedie dell’umanità con categorie novecentesche ormai obsolete dalla realtà è inefficace. Ma le ferite dell’umanità vanno comunque sanate, e questo rende onore a Gino Strada e ai tanti che lo fanno anche a prezzo della loro stessa vita.