Licenza di uccidere

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In Italia, i requisiti richiesti per possedere legalmente un’arma sono minimi. È sufficiente un’autocertificazione controfirmata dal proprio medico curante, un controllo della questura e una visita alla Asl. Questo spiega molto a proposito di un dato poco conosciuto: le persone uccise da un’arma da fuoco legalmente detenuta sono in numero superiore alle vittime di omicidi commessi dalla malavita, mafia inclusa. La normativa in materia, già permissiva, è stata ulteriormente alleggerita nel 2018 per iniziativa della Lega (e con il consenso del M5S) in nome della difesa della proprietà privata. Per andare a caccia o “per tiro sportivo” oggi si può tenere in casa un vero e proprio arsenale: fino a tre pistole e dodici fucili semiautomatici e un numero illimitato di fucili da caccia. Superata una certa età, il rinnovo dell’autorizzazione è meno frequente che per la patente di guida; i pochi controlli concedono all’inadempiente il tempo necessario per mettersi in regola senza neanche una multa, né sono previsti automatici controlli medici, psichici o tossicologici.
C’è quasi da sorprendersi che le notizie di delitti – per lo più nei confronti di donne, e quasi sempre verso conoscenti e congiunti – non siano più numerose, come la recente strage nel Canavese. Non contente delle tragiche notizie provenienti da paesi come gli Stati uniti in cui la circolazione di armi e i gesti efferati vanno di pari passo, le destre di ogni tipo alimentano la disgregazione della società di estranei, in cui il prossimo è visto sempre di più come un potenziale nemico.