Progetto Pegasus

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Degni della trama di una spy story, i risultati finora pubblicati dell’inchiesta sul Progeto Pegasus, condotta da Forbidden Stories – una rete di giornalisti – e Amnesty International, in realtà non sorprendono molto: dimostrano, ancora una volta, come internet e le tecnologie sono un mezzo di controllo e di repressione. Pegasus, ideato e realizzato dalla società di sorveglianza israeliana NSO Group, per spiare e rubare dati, è un programma software acquistato e utilizzato da Stati, governi e polizie di varie parti del mondo con lo scopo, sostengono loro, di impiegarlo nell’ambito della lotta al terrorismo. In realtà, grazie a una fuga di notizie (c’è anche chi spia le società che fanno programmi di spionaggio!) Forbidden Stories e Amnesty International hanno svelato che oltre 50 mila numeri di telefono selezionati come obiettivi dai clienti di NSO, fin dal dal 2016, non erano pericolosi terroristi, ma giornalisti, attivisti dei diritti umani, avvocati e politici: da Macron a Romano Prodi, dai giornalisti dissidenti perseguitati da Orban in Ungheria a diverse donne, i cui potenti mariti o padri pensano di doverle controllare anche con questi mezzi. Questo “servizio” fornisce, a chi lo compra, i numeri di telefono o gli indirizzi mail delle persone che si vogliono sorvegliare, o a cui si vogliono sottrarre informazioni; nel frattempo, la società incaricata invia un link tramite una mail o un sms, apparentemente innocui, ma non appena l’ignara vittima lo clicca, il programma viene silenziosamente installato sui dispositivi. Da quel momento, chi ha pagato, potrà accedere al computer o al cellulare e a tutti il loro contenuti – chiamate, microfono e fotocamera compresi. Dopo le rivelazioni, nel 2013, da parte di Edward Snowden (tecnico di un’azienda consulente della NSA) sul programma di intercettazione telefonica di massa tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, dopo lo scandalo che ha coinvolto, nel 2018, la società Cambridge Analityca e Facebook per l’uso dei dati dei propri utenti, non c’è davvero nulla di cui stupirsi. Ciò che questa nuova inchiesta sta mettendo in luce è come oggetti di uso ormai quotidiano, come pc e cellulari, siano strumenti e veicoli di un vero e proprio sistema di controllo e di oppressione al servizio dei peggiori dittatori e di chiunque possa permettersi di pagare questi “servizi” (non certo economici). D’altra parte, sempre questa inchiesta, dovrebbe invece farci riflettere su quanto e come volontariamente e, troppo spesso, inconsciamente ci affidiamo a questi apparecchi, che siano il pc o quel registratore che teniamo sempre in tasca che è lo smartphone. Questa è la loro vera idea di libertà: tutto apparentemente possibile nel web, ma sempre sorvegliati e controllati, schedati e verificati.